Negli ultimi giorni di scuola siamo stati sulle ombre, e ci siamo stati tanto.
Abbiamo provato a fare un esercizio difficile: mettersi nei panni di uno scienziato, di una scienziata, che per la prima volta si trova a dover studiare l’ombra.
Come se nessuno l’avesse mai vista prima.
Come se nessuno ti avesse mai detto cos’è. La osservi, e basta.
Solo quello che vedi.
E scrivi.
Riporto alcune delle loro parole.
Riflettono ciò su cui batte il Sole, alcune volte, quasi sempre, sono di diverse dimensioni rispetto a ciò che riflettono.
Per togliermi l’ombra basta andare all’ombra di qualcosa di più grande.
L’ombra rimane sempre sul terreno, ma non solo, perché se c’è un palazzo, riflette l’ombra sul palazzo.
Osservo che l’ombra è sempre opposta al Sole.
L’ombra non sempre rispetta i minimi dettagli dell’oggetto.
Sto cercando qualcosa che non fa ombra. Forse il terreno non fa ombra. E anche l’ombra non ha un’ombra.
La linea dell’ombra che osservo non è dritta perché il terreno è pieno di buche.
L’ombra non si sfuma quando finisce. Finisce e basta.
Se i miei compagni si sdraiano, le loro ombre sono poco visibili.
Anche quando stanno fermi, le ombre tremano un po’.
L’ombra… la macchia dell’ombra, diciamo, se c’è uno scalino lei continua ad esserci, perché imita l’oggetto.
Il cespuglio è grande, ma la sua ombra è piccola.
L’oggetto può essere anche bianco, ma l’ombra rimane.
L’ombra è simmetrica all’oggetto.
La mia ombra segue sempre tutto quello che faccio. Si stacca se faccio un salto.
Più ombra c’è, e più al fresco si sta.
L’ombra dell’albero di Tina (💔) è più grande di me.
Ho posizionato delle penne ai confini dell’ombra del palo e ho visto che si è spostata verso sinistra.
L’ombra dei gabbiani è più grande di quella delle rondini.La parte più difficile non è stata guardare, è stata togliere! Togliere le parole che non nascevano dall’osservazione, ma da quello che già sapevamo. Togliere le idee, le immagini, le definizioni che avevamo in testa.
Restare su ciò che c’è.
È un esercizio che andrebbe fatto più spesso, anche tra adulti, non è facile, ma è prezioso. Imparare a vedere prima di interpretare e capire.
Dalle ombre siamo passati al percorso che il Sole fa nel cielo. Abbiamo provato a ricordare dove lo avevamo visto in questi anni, a indicarlo con i nostri corpi, allargando le braccia, ruotando, posizionandoci nello spazio per simulare il movimento del Sole, come se fossimo noi a disegnare il suo cammino da est a ovest.
E poi, di nuovo, siamo tornati alle ombre.
Ma questa volta per misurarle. Per capire quanto potessero allungarsi nel corso della giornata, se esistesse un momento in cui sparivano del tutto.
Abbiamo lavorato con attenzione, costruito grafici, giocato a interpretarli e a leggerli.
E da lì siamo passati alle ombre sul Mappamondo Parallelo: un mappamondo speciale, liberato, inclinato, orientato come la Terra vera.
Ci abbiamo inserito degli gnomoni e abbiamo osservato le ombre che comparivano. Abbiamo fatto domande, ci siamo scambiati ipotesi, abbiamo discusso. Poi il tempo è finito, troppo in fretta. Così si è chiuso un percorso che per anni ci ha guidato, passo dopo passo, dentro l'astronomia.
Per approfondimenti consiglio le letture:
"Strumenti per i giardini del cielo" di N. Lanciano (tra le pagine è anche citato il lavoro di una giovane Rita e le parole dei bambini della scuola di Vicopisano☺)
Oppure il magazine di didattica e divulgazione dell'Istituto Nazionale di Astrofisica.
Ci si trova dentro tantissime cose belle assai🙃
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