Nel mese di aprile sono tornata più volte all’università, ad incontrare chi si prepara a insegnare. Ho portato il nostro modo di abitare la matematica: senza libri di testo e con strumenti, attraverso il gioco, come facciamo in classe.
Alle giovani studentesse è stato chiesto di creare giochi matematici a partire dal loro percorso. Io sono arrivata con strumenti da raccontare, e sono tornata con nuove immagini da custodire.
Tutto questo è stato possibile anche grazie a chi ha saputo lasciare spazio e ha permesso che il mondo dell’università incontrasse quello quotidiano della scuola. Sono incontri preziosi, per chi si prepara e per chi insegna già.
Porto a casa questo: che l’innocenza non va forzata, né protetta per sempre. Va accolta, lasciata crescere nel suo tempo.
E che questa cura la si riconosce solo dopo, quando ci si guarda indietro. È la stessa cura che, anni fa, ha permesso anche a me di trovare il mio passo dentro la matematica. E oggi, senza rumore, continua a tracciare strade.
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