L’ansia del tempo in matematica

 


Il tempo è una delle cose che mette più ansia quando si fa matematica, sia per i bambini che per gli insegnanti. Eppure, se vogliamo che i bambini scoprano, ragionino, provino a formulare ipotesi e ne parlino insieme, ci vuole tempo. Ogni bambino ha i suoi ritmi e i suoi modi per capire, e servono momenti di confronto per crescere davvero.

Emma Castelnuovo diceva: “Lasciate ai ragazzi il tempo di perdere tempo”. Quel tempo, che sembra sprecato, in realtà è tempo ben speso: aiuta a costruire conoscenze più solide e più profonde. È importante che anche gli insegnanti capiscano quanto sia prezioso questo tempo, così da ridurre la loro ansia di “dover fare tutto”.

L’ansia in matematica è anche un problema serio quando si cerca di capire se un bambino ha difficoltà specifiche come la discalculia. Gli studiosi hanno dimostrato che le emozioni influenzano tantissimo la nostra capacità di pensare e ragionare, soprattutto in matematica.

Molti bambini e anche tanti adulti provano ansia da matematica: la paura di sbagliare è così forte che blocca i ragionamenti, anche quelli che in realtà sarebbero alla loro portata. Questa ansia, che pesa sulla memoria di lavoro (la memoria che ci serve per tenere a mente i passaggi di un ragionamento), è fatta di tensione, paura, senso di impotenza e frustrazione. Se non viene affrontata, può avere conseguenze anche sul futuro: i bambini ansiosi verso la matematica tendono poi ad evitare percorsi di studio e di lavoro che richiedono competenze matematiche.

In tutto questo, la scuola ha una grande responsabilità, soprattutto quando propone la matematica come una materia dove contano solo le risposte giuste e l’applicazione perfetta delle regole. In un ambiente così, ogni errore diventa una sconfitta.

I ricercatori Di Martino e Zan, esperti italiani di didattica della matematica, riprendendo il lavoro di Skemp, spiegano che questo modo di insegnare è strumentale: si punta solo a eseguire procedure senza capire davvero il perché. Al contrario, un approccio relazionale mette al centro i collegamenti tra le idee matematiche, il processo che porta alle soluzioni e soprattutto il senso di quello che si sta facendo.

Mettere al centro i processi e non solo i risultati è fondamentale per un’educazione matematica inclusiva. Se ci concentriamo su come i bambini ragionano e provano a risolvere i problemi, tutti — anche quelli che fanno più fatica — possono sentirsi parte attiva e dare contributi originali e importanti.

Inoltre, un modo di insegnare che valorizza i tentativi e l’esplorazione aiuta a cambiare il ruolo dell’errore, facendolo diventare parte del percorso e non un segnale di fallimento. Così si può combattere la paura di sbagliare e di affrontare problemi nuovi e difficili.


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